III (2007)

_SAGGI

Ben poco s’è indagato in ambito filosofico sulla continuità della riflessione politica di Rousseau e Gramsci e solo nell’ultimo decennio s’è aperta la riflessione in merito in America Latina. Se certamente evidente è la ricezione gramsciana della riflessione idealista e hegeliana in particolare – più volte da Gramsci esplicitamente testimoniata –, non altrettanto lo è la ricezione dei contribuiti del pensatore ginevrino, riscontrabili quasi unicamente in relazione agli scritti, per dir così, “pedagogici” di Gramsci. Tuttavia tale mancata evidenza della presenza di Rousseau nella lettera dei testi gramsciani non esclude affatto una riflessione sulla ricezione dello spirito della filosofia rousseauiana, tanto più se consideriamo come sia ben presente nella filosofia hegeliana stessa la valorizzazione e rielaborazione del pensiero politico di Rousseau ed in particolare del concetto di volonté générale.

    Ottimismo e pensiero tragico

di Andrea Bellocci

Il presente contributo vuol essere, innanzitutto, una radicale messa in discussione della tesi avanzata da Salvatore Natoli nel suo ultimo volume Sul male assoluto – nichilismo e idoli nel Novecento: la locuzione “male assoluto” nasce, com’è noto, ad Auschwitz, e con essa si indica perlopiù la comparsa di un male ormai inesorabilmente eccedente e resistente a qualunque tentativo di spiegazione; ebbene, Natoli tenta di demitizzarne il concetto, rintracciandone l’origine in un “evento mentale”, ovvero nella proiezione ed esternalizzazione del male che il singolo (o gruppo) compie sul capro espiatorio; il singolo, ora preservato nella sua purezza, si presenta egli stesso come il “bene assoluto”, mentre il capro espiatorio, che altro non è se non il “nemico assoluto”, viene pensato e nominato come “male assoluto”, da distruggere e sradicare. Questo tentativo di demitizzazione fallisce il bersaglio.

    Rileggere “Americanismo e fordismo” oggi

di Massimiliano Biscuso

Il presente intervento cerca di mostrare come sia possibile riprendere le analisi gramsciane con un approccio che vuole essere lontano tanto dalle liquidazioni sommarie quanto dall’apologia e dalla monumentalizzazione. La rilettura del Quaderno 22, intitolato Americanismo e fordismo, di cui si privilegiano i temi della razionalizzazione tayloristica del lavoro e della “quistione sessuale”, mostrerà l’attualità del pensiero gramsciano sia nel metodo dialettico sia nella persistenza dell’oggetto della riflessione, il lavoro eterodiretto e la sua difficile emancipazione.

L’articolo di Giuseppe D’Acunto propone la rilettura di alcuni importanti studi sulla filosofia di Cartesio. Si tratta di saggi pubblicati in Italia, per lo più in forma di volume, negli anni Trenta e Quaranta. A metter mano all’interpretazione della filosofia che da Hegel era stata indicata come il punto d’inizio del pensiero moderno furono Francesco Olgiati, Gallo Galli, Pantaleo Carabellese, Armando Carlini e Luigi Scaravelli. Riflettere sul significato della filosofia cartesiana, che tanto aveva innovato la prospettiva filosofica, significava più o meno direttamente fare i conti con l’esito idealistico che l’evoluzione di quel pensiero aveva avuto e che nell’Italia di quegli anni assumeva le sembianze del neoidealismo soprattutto gentiliano. D’Acunto si mantiene nei limiti della restituzione dei punti salienti di quelle interpretazioni e infine mette a confronto gli elementi più significativi delle letture dei primi quattro filosofi con quella di Luigi Scaravelli, alla quale l’autore dedica in special modo la sua attenzione.

Questo saggio mette in luce le modalità con le quali nell’operato scientifico di Stanislao Cannizzaro, chimico italiano che a metà dell’Ottocento raggiunse fama internazionale, la considerazione dei problemi teorici della scienza si intrecci con la riflessione filosofica. Ciò diventa particolarmente evidente quando Cannizzaro , nello sforzo di riformulare il principio di Avogadro, una delle chiavi di volta della teoria molecolare, si sofferma a ragionare circa il concetto di atomo e ne segnala con nettezza la valenza di ipotesi teorica piuttosto che di realtà ontologica. E se in questa circostanza Cannizzaro sembra vicino alla filosofia del “als ob”, impregnata di risonanze filosofiche è pure la soluzione che egli cerca al problema dell’unità della scienza, all’esigenza che, pur restando su un piano sostanzialmente empiristico, il sapere dia conto di sé come di un organismo, di un sistema, la cui unitarietà trova radice nel riferimento imprescindibile alla realtà che è termine di conoscenza.

A cinque anni dalla sua scomparsa, il contributo ripercorre alcuni saggi danteschi di Maria Corti dedicati al Convivio, mettendone in luce i presupposti esegetici e soffermandosi su alcuni nodi centrali dell’analisi della studiosa, dal tema della felicità mentale a quello del rapporto tra filosofia e teologia in Dante.

L’articolo di Franco Gallo affronta l’opera di rifondazione teorica del marxismo e della filosofia dell’emancipazione elaborata da Andrea Micocci. La lettura naturalistica e antidialettica del marxismo di Micocci si fonda in una teoria generale del capitalismo e della sua influenza ideologica ed etica che ruota attorno al concetto di ipostatizzazione, affrontato da Micocci nella sua opera principale, Anti-Hegelian Reading of Economic Theory. Gallo espone le tesi di Micocci attraverso ampi confronti con altre versioni innovative del marxismo, da John Rosenthal a Giuseppe Tassone, dal rational choice Marxism a Negri e Foucault. L’ultima parte dell’articolo affronta le prospettive etiche e politiche aperte da Micocci da un punto di vista empatico, ma avvertito di possibili fattori invalidanti il discorso dell’autore, a cominciare dai problemi sollevati già negli anni Sessanta da Sebastiano Timpanaro.

Le questioni dell’essere e della negatività, al centro del presente contributo, costituiscono il crocevia speculativo dell’itinerario di ricerca di Gennaro Sasso, avviato da studi sul realismo politico di Machiavelli e non a caso culminato in un’aspra e disincantata riflessione sulla giustizia, sulla possibile articolazione del suo imperio e sui limiti della legittimazione dello stesso potere democratico. Dopo aver individuato all’interno dei testi di Sasso un criterio di analisi della positività dell’essere e della singolare sequenza logico-ontologica che ne esprime il senso, l’autore avanza la tesi dell’equivalenza logico-semantica della negatività e della positività, scorte come i due momenti di una medesima dinamica, quella del linguaggio naturale teso ad esprimere il senso ed il valore epistemico della propria esperibilità filosofica. Su questa base è proposta una paradossale tesi circa il rapporto di linguaggio e doxa, premessa indispensabile per comprendere come la costruzione di un linguaggio idoneo a descrivere il senso ed il rischio intrinseci ad una prospettiva di naturalismo politico non possa prescindere da un’inevitabile assunzione di carattere metafisico. Ogni tentativo di radicalizzare ed essenzializzare l’attitudine antimetafisica della pura analisi filosofica è infatti destinato a dichiarare l’impossibilità, per la coscienza filosofica, di determinare e articolare la realtà stessa del mondo doxastico come tema di possibile discorso.

    Tre concetti di persona

di Roberto Poli

Definiamo la persona come il soggetto dei valori, l’ente che può, con maggiore o minore capacità, accedere ai valori ed eventualmente accettarli intenzionalmente. Sfortunatamente, la discussione sulla categoria di persona presenta numerose confusioni e soffre di una prolungata, seria carenza di concettualizzazione. Preliminare allo sviluppo di una adeguata teoria della persona è la chiarificazione della sua struttura ontologica e dei concetti che ne determinano il contenuto. A questo proposito, mi sembra che una mossa euristicamente utile sia quella di distinguere almeno tre diverse accezioni di persona, che per mancanza di una migliore terminologia chiameremo persona1persona2 e persona3. Le possiamo esemplificare in riferimento a tre diversi pensatori che ne hanno autorevolmente difeso le caratteristiche. Affiancheremo quindi Peter Singer a persona1, Nicolai Hartmann a persona2, e Martha Nussbaum a persona3.

I rapporti giuridici e politici globali sono diventati il tema dominante della filosofia politica, anche in Italia. A partire dall’ultimo libro di Sebastiano Maffettone, La pensabilità del mondo, un breve viaggio all’interno della riflessione filosofico-politica italiana, per rintracciarne le principali linee di tendenza ed evidenziare affinità e differenze tra i vari autori.

Questa relazione, scritta in occasione di un convegno, mette al centro della riflessione un presupposto teorico fondamentale del pensiero di Gramsci, un presupposto non esplicito ma, secondo l’autore, chiaramente presente e attivo nelle riflessioni dei Quaderni dal carcere. Il presupposto è quello del disconoscimento sostanziale del valore dell’etica a vantaggio di un predominio della politica concepita in termini non diversi da quelli di Machiavelli. Questo fatto, paradossalmente coincidente con l’agire di un uomo come Gramsci che è stato anche esempio di elevata moralità e di eroico impegno civile, non è una componente tra le altre del pensiero di Gramsci, ma qualcosa che lo caratterizza fondamentalmente.
La mancanza di una analisi circostanziata di questo “carattere fondamentale” della figura più rappresentativa del marxismo italiano è, secondo l’autore, all’origine della debolezza teorica delle posizioni della “sinistra” italiana. Il saggio è dunque interessante non solo dal punto di vista degli studi su Gramsci ma, e forse ancor più, come esempio del ruolo che la riflessione filosofica può svolgere, del suo saper essere, in questo caso, un sapere non finalizzato ma proprio per questo prezioso per un agire umano onesto e consapevole dei propri principi ideali.

_INTERVISTE

    Un’etica senza Dio. Intervista a Eugenio Lecaldano

a cura di Alessandro Blasimme

Un’etica senza Dio. Il titolo dell’ultimo libro di Eugenio Lecaldano, uscito presso Laterza (2006) non lascia spazio ad equivoci. La tesi che vi si sostiene è che la morale possa e debba fare a meno di qualunque aggancio trascendente, e che sia anzi soltanto andando in questa direzione che si realizza un carattere virtuoso. Per argomentare questa tesi Lecaldano fa riferimento ai suoi autori più cari, come Hume e John Stuart Mill, ma anche a Kant, a cui l’autore, nonostante la differenza di impostazione generale sulle questioni etiche, riconosce di aver contribuito alla spinta di emancipazione tipica dell’Illuminismo.
La prima parte del volume è divisa in due sezioni. Una prima in cui si mostrano le incoerenze e gli errori tipici di chi tenti di collegare la morale all’esistenza o alla rivelazione di Dio; e una seconda in cui si illustrano i vantaggi di un’etica atea, costruita cioè senza alcun riferimento a Dio. Nella seconda metà del volume è riportata da un’antologia di testi classici della riflessione filosofica, nei quali è possibile trovare un riscontro a quanto sostenuto dall’autore nella prima parte. Con la consueta chiarezza, ed evitando inutili oscurità, l’autore fornisce una prova di come si possa argomentare in modo asciutto e analitico a favore di una morale radicata nella natura umana. In questo modo anche il lettore non specialista ha la possibilità di seguire da vicino una rigorosa argomentazione filosofica e di formarsi un’opinione al di fuori della retorica ideologica del dibattito pubblico italiano.

La storia delle idee non è avara di sorprese, spesso affidate a ritrovamenti di materiale insospettato. E’ questo il caso anche dei Principi di politica(1806) di B. Constant, manoscritto che solo a distanza di 180 anni è riemerso dal luogo dove giaceva dimenticato. Oggi quest’opera, capace di dare se non un volto nuovo certo un carattere più vigoroso al pensiero politico di Constant, è stata tradotta in italiano e viene presentata con un corredo di studio importante da parte del suo curatore. E’ proprio il curatore, Stefano De Luca, che nell’intervista mette in luce il significato di questa nuova acquisizione sia da un punto di vista storiografico che, ancor di più, da un punto di vista teorico. Il liberalismo di Constant ne emerge come un pensiero al quale sarebbe utile attingere tutt’oggi, per la capacità di anticipare problemi teorici e politici che esso ha avuto e per la grande saggezza con la quale il suo autore ha saputo coniugare la riflessione concettuale e l’esperienza pratica. Il lettore può trovare in questa intervista non solo una riconsiderazione complessiva di Constant che De Luca fa alla luce dell’opera ritrovata e che ne mette in risalto la qualità di pensatore “sistematico” che a Constant non era stata finora riconosciuta, ma anche alcun osservazioni in merito all’edizione italiana e alla traduzione che mostrano lo spessore teorico e la cura che hanno caratterizzato questo lavoro.

Un filosofo conoscitore di Freud (Francesco Saverio Trincia) e uno psicoanalista attrezzato filosoficamente (Luigi Aversa) si confrontano sul tema del rapporto tra psicoanalisi e filosofia. Dalle risposte fornite all’intervistatore si evince che entrambi convergono sul fatto di riconoscere che quello tra filosofia e psicoanalisi non è un rapporto che si “dovrebbe” ricercare ma che, al contrario, sta nella natura stessa dei due saperi il loro necessario nesso. Oltre l’intervista, nella quale si possono trovare ragionate diverse questioni connesse con il tema prescelto, il lettore ha a disposizione due testi (uno dei quali inedito) dove l’argomentare dei due protagonisti dell’intervista si arricchisce di ulteriori approfondimenti.

L’Enciclopedia Filosofica è stata ripubblicata quest’anno dall’editore Bompiani. Dopo cinquant’anni si rinnova così un progetto editoriale che fu concepito dal “Centro di studi filosofici di Gallarate” e realizzato sotto la responsabilità di Battaglia, Giacon, Guzzo, Padovani, Sciacca e Stefanini.

L’oggetto dell’intervista si presenta in una veste “generale” e “generica”. Parlare di psicoanalisi a più di un secolo di distanza dalla sua fondazione richiede l’implicita inclusione nel ragionamento di tutto il dibattito filosofico, epistemologico e clinico che ha agitato e complicato la vita del movimento psicoanalitico. Il problema scientifico della psicoanalisi è però argomento che ancora oggi appare filosoficamente pregnante e con il quale, forse, non si sono fatti definitivamente i conti.

_RECENSIONI