II (2006)

_SAGGI

Il quinto fascicolo 2005 della rivista «Micromega», intitolato Materialismo italiano, riproduce le relazioni del convegno svoltosi a Roma nell’autunno 2004 dedicato all’analisi critica del pensiero di Galvano Della Volpe e soprattutto di Lucio Colletti. L’interesse prevalente di molti interventi è quello di interrogarsi sui motivi di quello che è stato chiamato il “tradimento” di Lucio Colletti: l’essere cioè egli passato da posizioni critiche, da sinistra, della politica del PCI alla sintonia col craxismo prima e col berlusconismo poi. Un modo di affrontare il problema dell’evoluzione del pensiero collettiano non privo di rischi e di difficoltà.

Il saggio tenta di ricostruire, valendosi dello studio delle carte postume e dell’epistolario, in parte ancora inedito, la genesi e le vicende della composizione della Critica del capire, il capolavoro di Luigi Scaravelli. Apparso nel novembre 1941, il libro era stato iniziato però almeno un decennio prima, sotto l’impulso di esigenze teoretiche emerse durante un lavoro su Platone condotto dal filosofo fiorentino nella seconda metà degli anni Venti e mai portato a termine. La ricerca mostra le difficoltà di Scaravelli nella stesura dell’opera, difficoltà dovute sia a ragioni estrinseche (malattie e impegni di lavoro), sia soprattutto a ragioni estrinseche, che lo convinsero a rinunciare ad una conclusione “positiva” e ad attestarsi su una posizione rigorosamente “critica”. Originariamente concepita in otto capitoli, la Critica del capire subirà nel corso della composizione una progressiva concentrazione degli argomenti, che dà ai cinque capitoli di cui si compone un ritmo serrato e che ne rende ardua la lettura.

L’analisi di un celebre testo delle “Operette morali”, il “Dialogo di un Fisico e di un Metafisico”, rivela la presa di distanza critica di Leopardi rispetto alla “macrobiotica”, l’arte di prolungare la vita umana, propugnata dal medico tedesco Ch.W. Hufeland. All’arte di vivere lungamente Leopardi oppone la difficile arte di vivere felicemente, cioè la necessità di ricercare una vita viva e degna di essere vissuta.

Di Rienzo, autore del volume Un dopoguerra storiografico. Storici italiani tra guerra civile e Repubblica, risponde ai tanti che sono entrati in polemica o in colloquio con lui. Tra questi, anche a Gennaro Sasso, del quale filosofiaitaliana.it ha pubblicato il parere.

Il testo discute la nuova traduzione di Essere e Tempo di Martin Heidegger, ad opera di Alfredo Marini. Non si tratta di una mera querelle fra traduttori, ma della questione che sottende il problema del tradurre in generale e che, nel caso di Heidegger, si fa ancora più dirimente e ci coinvolge più da vicino. Questo non solo perché, concernendo l’opera del filosofo che ha posto come nessun altro tradizione e traduzione al centro del suo pensiero, porta a dover riflettere sulla reciproca implicazione ermeneutica di traduzione e interpretazione da lui teorizzata, ma anche perché il problema del «trapasso dallo spirito di una lingua (Sprachgeist) in quello di un altra» riguarda, più semplicemente, il problema pratico della traduzione e ri-traduzione di un testo, come Sein und Zeit, la cui prima e unica traduzione italiana, quella di Pietro Chiodi, da decenni domina la prassi linguistica della cultura filosofica italiana.

    Carlo Antoni. Lo storicismo come problema

di Marcello Mustè

Il dialogo tra lo storicismo tedesco -rappresentato dalla scuola storica di Ranke, Niebhur, Droysen e dalla filosofia di Dilthey, e dalle indagini di Weber, Troeltsch e Meinecke- e quello italiano di Croce, si complicò con le vicende politiche del tempo, e poi, con l’avvento del nazismo, si cominciò a sollevare la domanda riguardante la nuova barbarie e il passato della Germania, il cui «senso della storia» e il cui «realismo» si erano costituiti proprio attraverso la recisa negazione degli ideali dell’illuminismo e del giusnaturalismo. Quasi «cittadino» di ambedue quelle culture, Carlo Antoni fu il pensatore che, educatosi alla filosofia di Benedetto Croce, affrontò il problema dello storicismo in questa nuova dimensione: intorno al 1930 – quando apparvero le sue traduzioni di Dempf e di Troeltsch – cominciò a indagare, con una profondità e un’informazione inedite, il travaglio della storia e della cultura tedesche, e a riconnettere i possibili fili che, da una così vigorosa tradizione, stavano conducendo a una crisi barbarica, che rischiava di travolgere l’intero edificio della civiltà europea.

La centralità della persona e delle sue scelte etiche sembra tornare in termini assai vicini a quelli proposti da un pensatore come Erminio Juvalta (1862-1934), autore di saggi di estrema lucidità e densità sulle possibilità e i limiti di una morale laica. La sua difesa della pluralità dei valori morali unita alla critica delle pretese fondazioniste della tradizione razionalista offre un esempio di approccio laico alla problematica etica capace di non irrigidirsi in forme di laicismo. Per questa sua apertura intellettuale, che si traduce in uno stile socratico di insegnamento, divenne un punto di riferimento per studenti e giovani intellettuali in cerca di orientamento nella difficile situazione del dopoguerra; tra di essi vi era Carlo Mazzantini (1895-1971), che pur nella diversità di formazione volle considerarsi in senso stretto suo discepolo. Abbiamo così un esempio di rilettura di un pensatore laico e antimetafisico come Juvalta proposta da un pensatore cattolico, animato negli anni Venti dall’entusiasmo del neoconvertito.

Lo scorso 18 ottobre 2005 l’Accademia dei Lincei ha dedicato una giornata di studio per commemorare la figura e l’opera di Norberto Bobbio. Gli interventi di Pietro Rossi e Natalino Irti, di Amedeo G. Conte, Mario Losano, di Gennaro Sasso e Gianfranco Pasquino, di Massimo L. Salvatori e Giovanni Conso hanno messo in risalto i motivi per cui la riflessione di Bobbio sia da ritenere di grande importanza nel panorama degli studi filosofici, giuridici e politici. Le relazioni hanno tutte affrontato il tema sotto un profilo squisitamente teorico. Il sunto che ne proponiamo è accompagnato dal testo di una conferenza dello stesso Bobbio sul tema dei diritti umani proposto nell’ambito della commemorazione:
I diritti dell’uomo, oggi (Conferenza tenuta il 14 giugno 1991 in occasione della Adunanza solenne di chiusura dell’anno accademico)

Nel processo di definizione della Filosofia dello Spirito di Benedetto Croce, il principale nodo teoretico da dirimere per realizzare un effettivo passaggio dalle posizioni realiste, ancora radicate nella prima Estetica, a un maturo idealismo, è costituito dalla problematica relazione spirito-natura, affrontata a più riprese attraverso la progressiva eliminazione di un essere esterno allo spirito umano, e di una conoscenza intesa come separabile dal proprio oggetto. All’interno di un frenetico sviluppo speculativo della produzione del filosofo di Pescasseroli, l’antecedente dell’espressione muta radicalmente natura, passando da un’indefinita passività dell’organismo ad attività pratica, da impressione a sentimento. È,  tuttavia, in quel testo preparatorio della grande Estetica, intitolato Tesi fondamentali di un’estetica come scienza dell’espressione e linguistica generale (1900), che la questione si pone al centro di un complesso ragionamento, certamente emblematico della complessa costituzione di un idealismo nel suo tentativo di emanciparsi da una concezione fondamentalmente positivistica.

    L’angolo oscuro della soggettività

di Francesco Saverio Trincia

Chi pone la domanda sul soggetto? Se si parte da questa domanda per elaborare una teoria della soggettività, se cioè ci si pone in una prospettiva trascendentale che sottoponga il soggetto in quanto tema ad una radicale quaestio juris, si osserva che la risposta alla domanda iniziale non elimina lo scarto sussistente tra il soggetto che chiede e il soggetto su cui si chiede, ma conferma il carattere di oscurità, di lacerazione costitutiva di una soggettività ormai perduta nel suo carattere non questionato e non questionabile. Si ripropone qui il problema dell’autoafferramento riflessivo della coscienza, ovvero dell’autocoscienza quale categoria che con Cartesio dapprima, e successivamente con Hegel e Heidegger ha ricevuto la sua elaborazione più profonda: proprio Heidegger, con la sua interpretazione del passo hegeliano in cui si propone la nota immagine della calza lacerata, sembra riconoscere – purché si accentui il carattere fenomenologico del suo approccio, ovvero il riferimento alla categoria di evidenza originaria dello statuto intimo della soggettività – la lacerazione del soggetto come un carattere costitutivo di questo e rivelante la sua originaria unità non lacerata, illuminando (senza eliminarlo) l’angolo oscuro della soggettività.

    Enzo Paci: le due stagioni dell’impegno

di Amedeo Vigorelli

L’itinerario filosofico di Enzo Paci si presta particolarmente ad alcune riflessioni sulla controversa nozione dell’impegno degli intellettuali. Applicare al filosofo l’epiteto (compromesso con una impura prassi storica) di ‘intellettuale’ è operazione delicata e in sé discutibile. Nel caso di Paci, essa appare legittimata, non solo dal riconosciuto ruolo pubblico e ‘militante’ assunto (non solo in ultimo) dal suo magistero universitario; ma specialmente dalla lucida consapevolezza, sempre dichiarata dall’autore, di voler attingere, nella propria ‘impura’ teoresi, alle espressioni artistiche, letterarie, poetiche, musicali, più rappresentative del proprio tempo storico.

Mauro Visentin, che si laureò con Colletti con una tesi su Croce, e che attualmente insegna filosofia teoretica a Sassari, ricorda il suo incontro con il filosofo romano negli anni in cui Colletti era all’apice della sua fortuna accademica ed era uno dei massimi rappresentanti del marxismo critico italiano. Oltre al ricordo Visentin propone una rivisitazione critica del pensiero di Lucio Colletti

_INTERVISTE

    Intervista a Tito Magri su Lucio Colletti

a cura di Stefania Pietroforte

Prendendo spunto dalla pubblicazione del volume di Aldo Ricci e Giuseppe Bongiorno, Lucio Colletti. Scienza e libertà (Ideazione, 2004), Tito Magri, che negli anni Settanta è stato allievo e collaboratore di Lucio Colletti, e attualmente ordinario di Filosofia Teoretica all’Università di Roma La Sapienza, esamina alcuni aspetti del pensiero del filosofo romano e ne traccia un profilo. Gli argomenti toccati nella discussione sono: la situazione culturale in Italia nel dopoguerra, l’analisi che Colletti ha fatto della dialettica e la sua coniugazione con la teoria politica, la personalità intellettuale del filosofo e le sue scelte politiche. L’intervista non si limita alla rievocazione, ma tenta, con gli strumenti della filosofia analitica, di ragionare alcune movenze della dialettica.

Questa breve intervista a Giuseppe Galasso ha lo scopo di esplicitare, attraverso un interloquire diretto, alcuni dei concetti più brillanti e innovativi del lavoro filosofico di Galasso dedicato alla teoria della storia (Nient’altro che storia. Saggi di teoria e metodologia della storia. Il Mulino, Bologna, 2000). Con il suo “storicismo radicale” Galasso prova infatti a proporre lo storicismo in una nuova veste, che dialetticamente superi i momenti di crisi del pensiero succedutisi nel secolo scorso e, attraverso la pratica dell’ aufheben, faccia tesoro dei nuovi contributi provenienti da queste medesime congiunture. In un’epoca di frammentazione delle conoscenze e dei saperi, Galasso cerca la strada per una loro integrazione nell’orizzonte del pensiero storico. Egli persegue tale fine riconducendo ogni proposizione alla cellula originaria dell’atto del pensare medesimo, che è giudizio, e ritiene che il giudizio sia sempre un giudizio storico. Perciò l’atto di pensiero non conosce connessioni aprioristiche, poiché il giudizio è sempre sintetico-empirico, anche nella formulazione di operazioni matematiche, ove il computo presuppone lo svolgimento. E’ quella che Galasso chiama l’unità storicizzante della mente che non può fare a meno di constatare la storicità di entrambi i capi del processo gnoseologico, attestando dunque la storicità del soggetto, ossia di se stessa, nonché di ciò che il soggetto osserva e coglie nella sua obiettività.

_RECENSIONI